La mia esperienza con bambini autistici incomincia tanti anni fa, quando la prof.ssa De FIlippis mi affidò un bimbo di 4 anni, forse sordo, con totale assenza di linguaggio e con un atteggiamento di rifiuto del mondo circostante.
Si chiamava B.

B.

Esclusa la sordità e viste le condizioni disagiate della famiglia, iniziai, con l’autorizzazione di scuola e famiglia, ad osservare B. a scuola.
B. frequentava il secondo anno di scuola materna ed era evidentemente estraneo alle attività dei compagni, restava in disparte e sembrava apprezzare esclusivamente dei blocchi di legno ( ne teneva uno con sé e non se ne separava quasi mai) che usavano per i percorsi durante le ore di psicomotricità.
Iniziai a organizzare dei piccoli gruppi con 3 / 4 bambini creando percorsi con i blocchi di legno e con il supporto di palle piccole e grandi azioni di gioco associate a salti lanci e vocalizzazioni di suoni onomatopeici.
B. inizialmente isolato con il suo blocco tra le braccia ci ha osservati per qualche tempo, fino al giorno in cui ha rotto la sua routine lanciandomi il suo blocco di legno.
Questo gesto apparentemente banale ha permesso di creare un canale comunicativo tra noi. Il bambino pur non abbandonando i suoi atteggiamenti stereotipati e ripetitivi per i mesi che ho potuto seguirlo (purtroppo la famiglia si è trasferita fuori Milano) ha iniziato una sorta di lallazione e dimostrava di essere più sereno all’interno del gruppo classe.

La mia esperienza

Da allora ho seguito molti bambini con diagnosi di autismo e nell’arco di questi 30 anni ho potuto constatare che, sebbene ci siano tanti trattamenti spesso è “un’azione semplice“ che rende possibile la terapia, ed è fondamentale per creare un canale comunicativo che permetta al terapista di valutare abilità e lacune.
Molte ricerche sono state fatte negli anni per scoprire cause e metodi di intervento.
L’autismo è un disturbo complesso, un disordine cerebrale che coinvolge lo sviluppo sociale, affettivo e comunicativo del bambino causando deficit in aree fondamentali dello sviluppo con sintomi che variano da lievi a molto gravi.
In genere la diagnosi si basa sulle modalità di comportamento che è possibile osservare in equipe con NPI / logopedista /pediatri / otorini.
Non sempre è possibile effettuare dei test ed è molto importante apprendere dai genitori informazioni anamnestiche sulle tappe evolutive del bambino, valutare informazioni mediche attraverso esami fisici, neurologici e test di laboratorio, molto importante escludere problemi uditivi per poter fare diagnosi di autismo.
L’assenza di alcuni comportamenti normali come:

  • Non rispondere al proprio nome
  • Non mantenere il contatto oculare
  • Non ricambiare il sorriso
  • Non seguire gli oggetti con lo sguardo
  • Non indicare
  • Non imitare le altre persone

dovrebbe essere motivo di preoccupazione.

Terapia logopedica

Troppe volte, in questi lunghi anni, i genitori si sono sentiti dire “il bambino non è ancora pronto per la logopedia“. Questo in realtà è un grave errore perché ormai sappiamo quanto sia fondamentale per la plasticità cerebrale una diagnosi precoce e di conseguenza un intervento precoce sulla comunicazione.
La logopedia non è esclusivamente l’impostazione dei fonemi, ma è molto di più, non è solo saper stare seduti alla scrivania, è movimento e gioco, è un’interazione tra due persone che deve nascere dalla conoscenza del terapista che deve entrare nel campo visivo, nello spazio vitale ed emotivo del bambino.
Nel corso di questi lunghi anni non ho mai incontrato un bambino autistico uguale ad un altro, questo vuol dire che per ognuno il trattamento deve essere “personalizzato” partendo sempre dai suoi punti di forza, anche dalle sue stereotipie se necessario. Se ama saltare, salteremo. Se ama battere le mani, batteremo le mani.
Questi bambini non sanno imitare (neuroni specchio) per cui dobbiamo imitarli noi e raggiungere quel contatto visivo quel “tuffarsi negli occhi“ che creerà la prima comunicazione tra lui e noi.
Non c’è bisogno di aspettare i 6/7 anni e non c’è bisogno di palestre particolarmente attrezzate per creare “terapie su misura per ogni bambino“. Sono necessari invece la costanza, l’esperienza e l’empatia.

A.

Anche la sfida con A. è cominciata con grande ritardo grazie all’intervento della sua insegnante di sostegno quando il bambino frequentava già l’anno di saldatura presso la scuola materna del suo quartiere.
A. era seguito presso un centro che non riteneva opportuno per lui l’inserimento in terapia logopedica e a quel tempo aveva quasi 6 anni; senza dare false speranze alla famiglia abbiamo iniziato a lavorare in una situazione in cui non era presente nessuna forma di linguaggio. Una delle eventualità più complesse, perché la possibilità di comunicazione è molto ridotta e assolutamente non convenzionale.
La terapia è durata per diversi anni e, sono stati anni impegnativi sia per il bambino che per la famiglia che ha seguito la terapia logopedica e psicomotoria in modo esemplare.
Mi sono posta obiettivi minimi, passo passo, lavorando moltissimo sugli aspetti prassici e mimici allo specchio, gioco che ad A. piaceva e gli veniva più semplice imitarmi.
Nel suo caso il momento più significativo che ricordo con una dolcezza incredibile è stato quando mi sono coperta il viso con le mani e ridendo ho scosso la testa iniziando a vocalizzare e lui ha imitato il movimento del capo e ripetuto i vocalizzi coprendosi gli occhi e ridendo anche lui.
Da quel giorno siamo passati ad obiettivi più specifici lavorando sull’articolazione sulla comunicazione verbale e non verbale guidandolo nella comunicazione e nell’interazione con gli altri. Un salto significativo è stato l’apprendimento della lettura che ha aiutato e supportato l’acquisizione di un linguaggio più generalizzato e non solo di ripetizione.
A. si è diplomato e gareggia in una squadra di nuoto per atleti normodotati.


Vorrei concludere dicendo che per quanto mi riguarda l’autismo è una grande sfida. Non sempre si riesce ad ottenere risultanti brillanti e strepitosi ma la cosa più importante è non mettere mai dei limiti. Noi terapisti ci mettiamo il massimo impegno per fare in modo che il nostro piccolo paziente possa emergere e migliorare di giorno in giorno.
L’esperienza, inoltre, mi insegna che non è mai troppo presto per iniziare la terapia logopedica.

Dott.ssa Paola Tamborrino